Prefazione |
Nel raccontare la storia del documentario cinematografico, spesso si accosta l'opera di Leni Riefensthal a quella di Dziga Vertov, se non altro per il fatto che entrambi negli stessi anni si sono cimentati con la propaganda politica di regime. L'opera capitale in questo senso del russo Dziga Vertov è Tre canti su Lenin (1934) in cui la figura del padre fondatore dell'Unione Sovietica è vista come trasfigurata in una serie di canti popolari, forme creatrici per loro intrinseca natura di consenso, di coesione e di leggenda. Mi è parso così che i tre film dedicati da Leni Riefensthal al partito nazista potessero in un certo senso essere considerati, sempre per la loro natura di meccanismi efficaci per una mitopoiesi finalizzata alla coesione e al consenso, anch'essi dei canti. Se il film di Vertov è un'opera unica in tre parti, quelli della Riefensthal non nascono ovviamente come un progetto unitario: c'è, come come è qui esposto, un'opera di grande impatto e armonia, Triumph des Willens, preceduta da un primo tentativo imperfetto e seguita da una replica poco convinta. Tuttavia di tre movimenti si tratta, e se non esistono qui le parole che narrano la leggenda di Hitler, c'è certamente la musica, intradiegetica e extradiegetica, e soprattuto il ritmo del montaggio che meglio di una ballata fabbricano per i tedeschi il mito di un Führer infallibile e amato. Grazie anche all'immagine di Hitler cantata dai documentari di Leni Riefensthal, le file del popolo si serrano, strette, ordinate e coese in vista di un progetto totalitario. Le risorse del linguaggio cinematografico che si è da poco arricchito del sonoro vengono subito mobilitate per convincere le masse. Una volta per tutte il documentario cinematografico si mostra, pur nelle sue particolarità legate a una più o meno accertata autenticità degli eventi filmati, come una narrazione sui generis. Come se comunque l'arte cinematografica debba necessariamente ruotare intorno al polo centrale della fiction, perché per sua natura tecnica e linguistica non può essere altro. |
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Con i suoi tre canti su Hitler e con la celebrazione estetica del vitalismo sportivo che farà in Olympia, Leni Riefensthal sgombera l'orizzonte del documentario sonoro che sta nascendo dalla velleità di rappresentare una realtà razionalmente argomentabile. Tutto il discorso audiovisivo, anche quello basato su eventi reali vissuti da persone reali, è allo stesso modo del più fantastico racconto onirico una narrazione rivolta innanzitutto ai sensi e all'emotività. |
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